sabato 11 luglio 2009

Istantanee: recensione #2

In occasione del secondo appuntamento dei "lunedì poetico-letterari" organizzati dalla casa editrice Edilet, sarà presentata lunedì 29 giugno, presso i Giardini di Castel Sant'Angelo, la raccolta poetica Istantanee, opera prima della giovane Silvia Santirosi. L'autrice, classe 1981, una laurea in Filosofia, ha già firmato diversi racconti apparsi su riviste e antologie, è giornalista (attualmente lavora per Il Mattino e La città tuscolana) ed ha inoltre collaborato al film Tutta la vita davanti di Paolo Virzì. Ed è curioso il fatto che proprio il precariato, tema del film citato, sembri essere il fulcro di questa raccolta, l'idea, o quasi l'ossessione, da cui partono i componimenti, il filo rosso che li lega. È un precariato, certo, inteso in senso ampio, totale: non caratterizza soltanto l'universo lavorativo, professionale, ma la vita tout court, la condizione degli uomini e, viene spontaneo precisarlo, soprattutto delle donne: donne "a futuro indeterminato"; donne come monadi, munite di "guanti per non / lasciarsi contaminare dal mondo"; donne che vanno sì, per il mondo, ma portandosi dentro "la bestia a casa sua / nel cuore" (un verso che ci ricorda un altro, splendido, importante film italiano). E poi ancora, donne costrette, loro malgrado, a entrare in una sala d'aspetto in cui spiccano due grossi raccoglitori con etichetta eloquente, "nati e aborti 2005-2006 A-L / nati e aborti 2005-2006 M-Z"; donne senza nome la cui identità è tutt'al più indicata dal ruolo professionale ("ero la signorina: / accrediti stampa"). Ma proprio la professione, il lavoro, al mattino, è ciò che interrompe i sogni (e "la vita è sempre una sconfitta / quando non si sogna") e strappa l'uomo - che sa essere compagnia, e calore - al letto. Forse, anche perché in un mitico "prima" che coincide con l'infanzia non v'era alcuna professione da dover svolgere, quell'epoca lontana sembra ora procurare, nel bene e nel male, ondate di ricordi, nostalgie. Nostalgie anche linguistiche - per la "marmellata ai lampioni", per esempio - e comunque talmente intense da far sembrare l'età adulta come il regno di una "solitudine senza ritorno", che obbliga ad abbandonare le bambole, ma non il lupo cattivo, ancora e sempre presente. I luoghi in cui si aggira questa società alienata, sono affollati eppure privi di vita: i tavolini di un bar, l'autobus, la metropolitana (per andare e tornare da dove?, viene da chiedersi, e probabilmente la risposta è ancora: al lavoro, a rispettare gli orari, gli impegni, i turni): sono quasi tutti "esterni", ed è un dato singolare, considerata la cifra autobiografica e intimistica della raccolta. Ma la spiegazione, fa notare Claudio Piersanti nella prefazione al volume, sta nel fatto che "il rifugio di un tavolino al caffè della stazione non è in fondo diverso da quello privato della propria stanza. Non si abita, ma si è murati vivi".