Di solito sono io che faccio le domande...stavolta però sono passata dall'altra parte! Un ringraziamento speciale a Davide Calì per avermi dato la possibilità di parlare del MIO PRIMO LIBRO (appunto) che presto uscirà in Italia e Francia...
Chiara Carrer per Il treno (Logos 2012) |
Ho incontrato Silvia la prima volta due anni fa al Salone del libro di Montreuil. All'epoca faceva la giornalista e in effetti la fa ancora. Ma nel frattempo, ecco il suo primo album illustrato come autrice.
D: Innanzi tutto raccontaci un po' di te, cosa fai e cosa hai fatto prima di questo libro?
R: Mi piace presentarmi così: giornalista, scrittrice, a volte illustratrice (soprattutto per copertine e editoriali)...tutta colpa della laurea in Filosofia! Trovo che metta in evidenza la caratteristica che più mi qualifica, ossia l'eclettismo (un modo carino per mascherare la mia schizofrenia!). Tornando seri per quanto questa pazza società lo permetta, collaboro con diverse riviste (L'Unità, L'Espresso, Andersen e Il Mattino), scrivo storie per bambini, racconti per adulti e poesie. E la pubblicazione di questo libro rappresenta certamente una tappa importante nel mio percorso.
D: E' il primo libro che scrivi?
R: Due anni fa è uscita una raccolta di poesie (Istantanee, Edilet). Avevo già pubblicato dei racconti su diverse riviste e collaborato con alcuni sceneggiatori. El tren è il primo albo illustrato. Presto uscirà in Italia (per la Logos) e in Francia, seguito a breve da un racconto illustrato da Simone Rea (per Anicia Ragazzi).
D: Come è avvenuto il contatto con l'editore? E con l'illustratrice Chiara Carrer? È stata una tua scelta o dell'editore affiancarla a questo testo?
R: Avevo incontrato la direttrice artistica della OQO al Salone di Montreuil. Quando sono stata invitata a spedire le mie storie, non me lo sono fatto ripetere due volte. Solo che il primo invio non ha prodotto nulla. Qualche mese dopo ho ritentato. Stavolta è bastata una settimana per avere notizie: la storia è difficile, leggo nella risposta, ma hanno deciso che vogliono investire in questo progetto. Il testo era accompagnato dalle immagini di un'altra illustratrice che non è stata giudicata adatta, quindi si dovevano cercare altre matite e colori.
Allora ho pensato a Chiara Carrer che avevo conosciuto frequentando uno dei suoi atelier alla Biblioteca Europea a Roma. Ho fatto il suo nome all'editore. Il resto è già storia.
D: Hai incontrato molti editori prima di trovarne uno interessato al tuo progetto? Italiani o stranieri? Come li hai trovati rispetto ai giovani autori, aperti o chiusi?
R: In realtà non molti. All'inizio tutti italiani, alcuni incrociati alla Fiera di Bologna, gli altri contattati via mail. A parte una virtuosa eccezione, nessuna risposta. Ho rivolto lo sguardo altrove e il primo editore contattato mi ha pubblicata!
Qui apro una parentesi e lo faccio in veste di giornalista e da persona che vivendo da un po' all'estero comincia a confrontarsi anche con la realtà lavorativa di quel paese (nel mio caso la Francia). Ripeto, ci sono virtuose eccezioni in Italia, ci sono competenze ed entusiasmi incredibili, ma generalmente vige un atteggiamento poco professionale nel mercato dell'editoria. Eppure questa è solo una parte del problema. L'altra faccia della medaglia è che chiunque scriva o disegni pensa di aver diritto alla pubblicazione.
Non è così. Ci vuole talento e tanto, tanto, tanto studio, lavoro, testa dura. E la fortuna non c'entra nulla. Non so quante persone ho incontrato che pretendevano di essere scrittori senza aprire mai un libro, che non avevano alcun tipo di cultura letteraria (e non parlo di erudizione) e che non sapevano cosa succedeva al di là del loro naso figuriamoci nel resto mondo, letterario o meno! Sicuramente nel nostro paese vige spesso la regola del circolo, della congrega (piccina), atteggiamenti provinciali, appunto, che denunciano una visione miope e scarsamente lungimirante. Però bisogna anche dire che troppo spesso gli editori si trovano di fronte persone tutt'altro che coscienti dei loro limiti e in grado davvero di fare quel lavoro.
D: Sei soddisfatta del risultato? Vedere il libro finito ti ha emozionato?
R: Il libro è il frutto di un anno di lavoro. Non so quanto tempo ho passato al telefono o nella caffetteria del Palazzo delle Esposizioni con Chiara a discutere della storia, o di cosa pensavamo fosse la letteratura, l'arte, confrontandoci su letture, mostre, libri. O semplicemente parlando della nostra quotidianità. Sembrerà banale, ma stringere nelle mani la prima copia mi ha dato la misura concreta di quello che era accaduto. Sono stata felicissima e triste al tempo stesso. Una parte di me, qualcosa che era appartenuto al mio immaginario, aveva preso vita. Forse è un po' come quando si mettono al mondo i figli. Li hai nutriti con il tuo sangue e con la tua aria per nove mesi, ma dal momento in cui emettono il primo urlo, ecco, quello è il suono della sconfitta del potere della madre.
Piccolo aneddoto. La storia nasce da una lettera che scrissi ad una mia amica che aveva realmente vissuto quel dolore. Recentemente ci siamo rincontrate. Sapere che presto ci rivedremo ed io potrò restituirle qualcosa che lei mi ha donato tanto tempo fa...ecco, questo mi lascia piena di meraviglia.
D: A quali progetti stai lavorando al momento?
R: Sto lavorando a un libro (Il serraglio di Monsieur Diderot) con Sara Gavioli, artista che stimo molto e cara amica. Siamo un'equipe in cerca di editore, ma l'ultimo Salone di Montreuil ha prodotto nuovi incontri e aperto qualche spiraglio. Dall'incontro più o meno casuale con altri illustratori stanno nascendo nuovi progetti, ancora uno con Simone Rea, c'è una storia a cui sta lavorando Laetitia Devernay, un'altra Giovanna Ranaldi e un libro con Michele Ferri. Perché tutti vedano la luce, ci vorrà tempo. Ho imparato però che è uno degli ingredienti per una buona riuscita.
D: In generale come autrice vedi già le tue storie disegnate da qualcuno mentre le scrivi?
R: No, non penso mai a un illustratore mentre scrivo. Cerco di lavorare in profondità tanto sui contenuti, quanto sulla lingua. Lewis Carroll diceva: "badate al senso, le parole troveranno da sole il loro posto". Così pure gli illustratori. E finora ha sempre funzionato!
Silvia Santirosi è nata a Roma nel 1981. Laureata in filosofia (2005), è iscritta all'Ordine dei Giornalisti dal 2010. Collabora con L'Espresso, Il Mattino, L'Unità, Andersen e Le conquiste del lavoro.
"El tren", illustrato da Chiara Carrer (OQO Editora), è uscito in Spagna nel 2011. Uscirà nel 2012 in Francia e in Italia (Logos edizioni). In corso di pubblicazione: Capitan Barbabrizzola, illustrato da Simone Rea (Anicia ragazzi, 2012).
D: Innanzi tutto raccontaci un po' di te, cosa fai e cosa hai fatto prima di questo libro?
R: Mi piace presentarmi così: giornalista, scrittrice, a volte illustratrice (soprattutto per copertine e editoriali)...tutta colpa della laurea in Filosofia! Trovo che metta in evidenza la caratteristica che più mi qualifica, ossia l'eclettismo (un modo carino per mascherare la mia schizofrenia!). Tornando seri per quanto questa pazza società lo permetta, collaboro con diverse riviste (L'Unità, L'Espresso, Andersen e Il Mattino), scrivo storie per bambini, racconti per adulti e poesie. E la pubblicazione di questo libro rappresenta certamente una tappa importante nel mio percorso.
D: E' il primo libro che scrivi?
R: Due anni fa è uscita una raccolta di poesie (Istantanee, Edilet). Avevo già pubblicato dei racconti su diverse riviste e collaborato con alcuni sceneggiatori. El tren è il primo albo illustrato. Presto uscirà in Italia (per la Logos) e in Francia, seguito a breve da un racconto illustrato da Simone Rea (per Anicia Ragazzi).
D: Come è avvenuto il contatto con l'editore? E con l'illustratrice Chiara Carrer? È stata una tua scelta o dell'editore affiancarla a questo testo?
R: Avevo incontrato la direttrice artistica della OQO al Salone di Montreuil. Quando sono stata invitata a spedire le mie storie, non me lo sono fatto ripetere due volte. Solo che il primo invio non ha prodotto nulla. Qualche mese dopo ho ritentato. Stavolta è bastata una settimana per avere notizie: la storia è difficile, leggo nella risposta, ma hanno deciso che vogliono investire in questo progetto. Il testo era accompagnato dalle immagini di un'altra illustratrice che non è stata giudicata adatta, quindi si dovevano cercare altre matite e colori.
Allora ho pensato a Chiara Carrer che avevo conosciuto frequentando uno dei suoi atelier alla Biblioteca Europea a Roma. Ho fatto il suo nome all'editore. Il resto è già storia.
D: Hai incontrato molti editori prima di trovarne uno interessato al tuo progetto? Italiani o stranieri? Come li hai trovati rispetto ai giovani autori, aperti o chiusi?
R: In realtà non molti. All'inizio tutti italiani, alcuni incrociati alla Fiera di Bologna, gli altri contattati via mail. A parte una virtuosa eccezione, nessuna risposta. Ho rivolto lo sguardo altrove e il primo editore contattato mi ha pubblicata!
Qui apro una parentesi e lo faccio in veste di giornalista e da persona che vivendo da un po' all'estero comincia a confrontarsi anche con la realtà lavorativa di quel paese (nel mio caso la Francia). Ripeto, ci sono virtuose eccezioni in Italia, ci sono competenze ed entusiasmi incredibili, ma generalmente vige un atteggiamento poco professionale nel mercato dell'editoria. Eppure questa è solo una parte del problema. L'altra faccia della medaglia è che chiunque scriva o disegni pensa di aver diritto alla pubblicazione.
Non è così. Ci vuole talento e tanto, tanto, tanto studio, lavoro, testa dura. E la fortuna non c'entra nulla. Non so quante persone ho incontrato che pretendevano di essere scrittori senza aprire mai un libro, che non avevano alcun tipo di cultura letteraria (e non parlo di erudizione) e che non sapevano cosa succedeva al di là del loro naso figuriamoci nel resto mondo, letterario o meno! Sicuramente nel nostro paese vige spesso la regola del circolo, della congrega (piccina), atteggiamenti provinciali, appunto, che denunciano una visione miope e scarsamente lungimirante. Però bisogna anche dire che troppo spesso gli editori si trovano di fronte persone tutt'altro che coscienti dei loro limiti e in grado davvero di fare quel lavoro.
D: Sei soddisfatta del risultato? Vedere il libro finito ti ha emozionato?
R: Il libro è il frutto di un anno di lavoro. Non so quanto tempo ho passato al telefono o nella caffetteria del Palazzo delle Esposizioni con Chiara a discutere della storia, o di cosa pensavamo fosse la letteratura, l'arte, confrontandoci su letture, mostre, libri. O semplicemente parlando della nostra quotidianità. Sembrerà banale, ma stringere nelle mani la prima copia mi ha dato la misura concreta di quello che era accaduto. Sono stata felicissima e triste al tempo stesso. Una parte di me, qualcosa che era appartenuto al mio immaginario, aveva preso vita. Forse è un po' come quando si mettono al mondo i figli. Li hai nutriti con il tuo sangue e con la tua aria per nove mesi, ma dal momento in cui emettono il primo urlo, ecco, quello è il suono della sconfitta del potere della madre.
Piccolo aneddoto. La storia nasce da una lettera che scrissi ad una mia amica che aveva realmente vissuto quel dolore. Recentemente ci siamo rincontrate. Sapere che presto ci rivedremo ed io potrò restituirle qualcosa che lei mi ha donato tanto tempo fa...ecco, questo mi lascia piena di meraviglia.
D: A quali progetti stai lavorando al momento?
R: Sto lavorando a un libro (Il serraglio di Monsieur Diderot) con Sara Gavioli, artista che stimo molto e cara amica. Siamo un'equipe in cerca di editore, ma l'ultimo Salone di Montreuil ha prodotto nuovi incontri e aperto qualche spiraglio. Dall'incontro più o meno casuale con altri illustratori stanno nascendo nuovi progetti, ancora uno con Simone Rea, c'è una storia a cui sta lavorando Laetitia Devernay, un'altra Giovanna Ranaldi e un libro con Michele Ferri. Perché tutti vedano la luce, ci vorrà tempo. Ho imparato però che è uno degli ingredienti per una buona riuscita.
D: In generale come autrice vedi già le tue storie disegnate da qualcuno mentre le scrivi?
R: No, non penso mai a un illustratore mentre scrivo. Cerco di lavorare in profondità tanto sui contenuti, quanto sulla lingua. Lewis Carroll diceva: "badate al senso, le parole troveranno da sole il loro posto". Così pure gli illustratori. E finora ha sempre funzionato!
Silvia Santirosi è nata a Roma nel 1981. Laureata in filosofia (2005), è iscritta all'Ordine dei Giornalisti dal 2010. Collabora con L'Espresso, Il Mattino, L'Unità, Andersen e Le conquiste del lavoro.
"El tren", illustrato da Chiara Carrer (OQO Editora), è uscito in Spagna nel 2011. Uscirà nel 2012 in Francia e in Italia (Logos edizioni). In corso di pubblicazione: Capitan Barbabrizzola, illustrato da Simone Rea (Anicia ragazzi, 2012).