martedì 7 aprile 2009

Intervista a Eraldo Affinati (Berlin)

E' uscita oggi su Il Mattino l'intervista che ho fatto tempo fa a Eraldo Affinati su Berlin (Rizzoli 2009), il suo ultimo libro, ma non solo...

Berlino, la città che sempre «si rimette in piedi. Cade e si rialza. Impiega poco tempo a leccarsi le ferite. Subito, appena possibile, riprende la marcia». Un luogo imprescindibile per capire il recente passato dell’Europa. E proprio questa città-simbolo è la grande protagonista di Berlin (Rizzoli, pp. 278, euro 17), l’ultima fatica di Eraldo Affinati. Stavolta come non mai, lo scrittore romano veste i panni del pensatore più che del narratore che, come scriveva Leopardi, cerca naturalmente e necessariamente un filo nella considerazione delle cose.

Berlin ha una forma ibrida: non è né un romanzo, né un diario, né un saggio. Una contaminazione di generi finalizzata a far emergere una nuova possibilità di scrittura e di sguardo? «La percezione letteraria sta cambiando. Cambiano i luoghi: non più le riviste o le terze pagine dei giornali, ma internet. E stanno cambiano i valori letterari. Credo che il romanzo debba fare i conti con tutto ciò, e soprattutto con il diverso senso dell’esperienza. E può farlo solo trasformando la sua forma: Berlin si muove in questa direzione, cercando di corrispondere a un’esigenza romanzesca. Ecco la tensione associativa tra un viaggio e una scoperta filosofica, tra un diario e una rievocazione memoriale: una descrizione della Berlino che è, ma anche di come io vorrei che fosse. Ho guardato Berlino con i miei occhi, con gli occhi delle persone che ho incontrato lì, con gli occhi di altri scrittori. Lo sguardo è fondamentale. Gli occhi di un uomo non appartengono a lui solo, come le radici, si intrecciano con quelle degli altri, e se se ne tocca una, vibra l’intera pianta. Si è eredi, sempre, di altri sguardi»... (si può continuare a leggere sul sito del Mattino: qui )


Stanotte ho finito di leggere Tema dell'addio di Milo De Angelis.

Non è più dato. Il pianto che si trasformava
In un ridere impazzito, le notti passate
Correndo in Via Crescenzago, inseguendo il neon
Di un’edicola. Non è più dato. Non è più nostro
Il batticuore di aspettare mezzanotte, aspettarla
finché mezzanotte entra nel suo vero tumulto,
nella frenesia di tutte le ore, di tutte le ore.
Non è più dato. Uno solo è il tempo, una sola
La morte, poche le ossessioni, poche
le notti d’amore, pochi i baci, poche le strade
che portano fuori di noi, poche le poesie.


Una lettura incredibile.


P.s. Un piccolo schizzo a tempera, un altro personaggio senza nome, realizzato durante il corso di Riki Blanco a Macerata quest'estate.

2 commenti:

Antonio ha detto...

Sai, ho conosciuto personalmente De Angelis proprio in questi giorni. Oltre che un grande poeta è anche una grande perona, un grande uomo. Se vuoi fai un salto nel mio blog

http://www.labiglia.blogspot.com

Silvia Santirosi ha detto...

Ciao Antonio. Grazie per la visita. Ricambierò presto!