giovedì 18 giugno 2009

Anselmo Botte, Mannaggia la miserìa: una chiacchierata importante

Un libro necessario.
E potente. Lo stesso autore ammette che gli effetti di questo suo gesto narrativo sono stati più forti e incisivi di ventanni di battaglie sindacali. Il tono era pacato. E amaro.
In questo Paese qualcosa DEVE cambiare.
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Gli schiavi del Sele, fantasmi a ore (Il Mattino 18-06-2009)

«Ci chiamano braccianti. Ho capito che ai padroni e ai caporali interessano solo le nostre braccia, ma questa parola ci annulla come esseri umani»: proprio questo è il cuore del lavoro di Anselmo Botte, Mannaggia la miserìa. Storie di braccianti stranieri e caporali nella piana del Sele (Ediesse pagg. 170, euro 10) un racconto della vita, del lavoro, dei sogni e degli incubi degli immigrati che vivono e lavorano nella Piana del Sele. I fantasmi necessari.
«Mannaggia la miserìa»: può spiegarci il titolo?
«È un francesismo, un’imprecazione ricorrente fra gli immigrati di San Nicola Varco, quasi tutti di origine marocchina, un’espressione multietnica. Anche se qualcuno continua a sostenere che l’Italia non sarà mai un paese multietnico. Un accento che ha trasformato la miseria dei braccianti italiani dell’inizio del secolo scorso nel nuovo, attualissimo, degrado».
C’è una scelta stilistica ben precisa: le storie sono raccontate in prima persona dai protagonisti. «Mi è sembrato il modo più semplice di procedere. Le vicende in realtà non appartengono solo a loro. Frequento da circa 10 anni il campo di San Nicola Varco. Racconto quindi una serie di episodi che ho anche vissuto con queste persone. Con la differenza che poi la sera, io tornavo a casa. Mentre quella era la loro casa».
Qual è la situazione oggi a San Nicola Varco?
«Non è cambiato niente, se non in peggio. Nel 2007 era stata compiuta un’operazione di bonifica, in seguito mai ripetuta. Continua ad aumentare il numero degli uomini anche a causa della chiusura delle fabbriche al Nord. Oggi c’è una speranza, perché circa un mese fa è stata stipulata un’intesa istituzionale con la Regione Campania, l’attuale proprietario dell’area: una serie di provvedimenti per migliorare le condizioni di vita e per regolarizzare la posizione di quegli immigrati. Perché è importante sottolineare che servono all’economia agricola di quest’area. Sono indispensabili. Eppure si registra una totale chiusura verso una politica di accoglienza».
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