venerdì 18 settembre 2009

Figures rituelles di Biasiucci e Zevola (Il Mattino, 17 settembre 2009)

Un mondo mitico, uterino, terribile e affascinante al tempo stesso: sono alcuni degli aggettivi che si possono usare per descrivere «Figures Rituelles», la mostra a due voci di Antonio Biasiucci e Oreste Zevola (fino al 23 ottobre), che s’inscrive nel programma fotografico «Volti di Napoli», nell’ambito del ciclo «L’Or de Naples. Baroque underground» organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura di Parigi, con la collaborazione della Regione Campania. «Da sempre il mio lavoro oscilla fra due poli: l’origine e la catastrofe» racconta Biasiucci, «quella che cerco di promuovere è una fotografia antropologica finalizzata a descrivere la storia degli uomini: una fotografia che cerca di andare al di là di un contesto, di un luogo, per isolare dei soggetti essenziali. E in questo programma di ricerca va inserito anche questa serie di fotografie sugli ex-voto». Un punto di vista che non può che trovare d’accordo Zevola: «Ho svolto negli anni ricerche che hanno a che vedere con il primitivo, con le origini, con l’essenza e con la dualità, un contrasto che ritroviamo anche nel mito di Saturno con l’aspetto orrorifico, legato alla morte e ai sacrifici, e il legame con la fecondità e la vita». «Ex-voto» di Biasiucci e «Le Banquet de Saturne» di Zevola sono lavori presentati separatamente in contesti diversi e riuniti con l’intenzione di creare un percorso in nome di quelle affinità elettive che li lega come uomini e come artisti. Un incontro fecondo, dagli esiti inaspettati. La sensazione che si prova entrando nella sala dell’esposizione è straniante: l’oscurità catapulta l’osservatore in una dimensione senza appigli, un buio che invita a scoprirsi, a inserirsi nel dialogo tra le fotografie e le ceramiche, che con il loro bianco quasi accecante investono di riflessi le prime, creando un gioco di rimandi. «L’arte» commenta Zevola «deve provocare una reazione, una messa in discussione tanto dell’osservatore quanto del creatore». Il lavoro dei due artisti insomma promuove uno scavo nell’essenzialità delle cose stesse...
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