mercoledì 4 novembre 2009

Ann Beattie, Gelide scene d'inverno, Minimum fax, 2009

Invocare lo spirito dei tempi
(Via Pò del 31 ottobre 2009)

C'è un quadro del pittore americano Edward Hopper, superbo interprete di quel realismo malinconico e silenzioso, del senso di solitudine dell'uomo contemporaneo, che si intitola Automat, con la duplice allusione al luogo e alla protagonista. Vediamo infatti una giovane donna che siede sola al tavolino di un self-service. Sta bevendo un caffè o, meglio, tiene in mano la tazzina. Non c'è nessun altro e nel vetro alle sue spalle sono riflesse le luci artificiali della tavola calda. È come in una bolla artificiale e senza vita. Come lei, del resto, del tutto priva di espressione e carattere.
Così i personaggi di Gelide scene d'inverno, il libro d'esordio di Ann Beattie, uscito nel 1976 (in contemporanea alle storie brevi di Distortions) e per la prima volta tradotto in Italia. Una scrittrice che dice di amare (e preferire) la scrittura dei racconti "potendomi concentrare sulle singole immagini" preferendoli al romanzo "che ha necessariamente un respiro più ampio": eppure la quindicina di testi dati finora alle stampe è equamente divisa tra i due generi.
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