sabato 23 gennaio 2010

Piccoli lettori. Intervista allo scrittore Roberto Piumini

(Via Pò, 23 gennaio 2010)
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"Se nessuno avesse richiesto la sua opera, tuttavia Sakumat avrebbe dipinto ugualmente: perché i pennelli erano per lui come dita, e in ogni pennellata versava dolcemente una goccia del suo sangue": con queste parole Roberto Piumini descrive uno dei protagonisti del suo libro più amato: Lo stralisco. Parole che si adattano perfettamente anche a questo scrittore di libri di fiabe, racconti, romanzi, filastrocche, testi teatrali, testi di canzoni, testi per teatro musicale e cori, traduzioni, adattamenti. Il tutto pubblicato con circa 70 editori. Senza dimenticare la sua produzione poetica, la cui esigenza è quella di far essere il già non ancora dato, "l'evento non da tutti saputo: storia diversa, racconto che non fu mai raccontato, forse perduto sparito, ucciso dalle mutezze, o, per qualche ragione, tenuto chiuso e segreto". Un vero e proprio Giano bifronte rivolto tanto al mondo dell'infanzia e dell'adolescenza, quanto a quello degli adulti.

La sua produzione è vastissima, eclettica, contaminata. Quest'anno è stato ospite, insieme a Andrea Vitali, del Festival delle Letterature a Roma. Eppure continua a essere considerato per lo più uno scrittore per bambini...
C'è un elemento molto importante nel lavoro che faccio con i bambini: la risposta. Ho un rapporto diretto con chi legge e gioca con i miei libri. Cosa che manca del tutto al monocratico autore per adulti. Di sicuro l'ambiguità della mia doppia natura mi caratterizza. Aggiungiamo pure che non sono un lottatore, ma un pigro e di sicuro l'ambiente della letteratura per ragazzi è molto meno conflittuale, astioso e combattivo. A volte succede semplicemente che mi piace in modo particolare un testo, magari per bambini, e lo riscrivo facendone un libro per adulti. Manipolare le storie è un modo per tenerle vive. Certo, dopo la pubblicazione di 24 libri per adulti, trovo divertente che mi si continui a considerare, ancora, solo uno scrittore per ragazzi. Ma è parte del nostro provincialismo nazionale.
Silvia Santirosi
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