lunedì 26 aprile 2010

Quel pezzo di legno, magnifica ossessione

(Il Mattino, 26 aprile 2010)
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Nella Sala Set del Teatro Politeama a Poggibonsi «La fabbrica di Pinocchio», la mostra di Lorenzo Mattotti, resterà aperta fino al 23 maggio. L’esposizione, curata da Maria Perosino, riunisce opere inedite, tavole a colori, bozzetti e schizzi, ingrandimenti di disegni in bianco e nero, questi ultimi disposti ad altezza bambino. Un modo per entrare nel backstage dell’artista e apprezzarne la ricerca pluridecennale sul testo di Collodi, una vera e propria riscrittura visiva in continua metamorfosi. «Pinocchio è il pezzo di legno più famoso di tutta la letteratura italiana» scriveva Luigi Malerba nel suo «Diario delle delusioni», «ma non sappiamo, né sapremo mai con certezza, di che legno fosse». Secondo lei, Mattotti? 
«Mi viene in mente il leccio, un albero appartenente alla famiglia delle querce. Insomma, un sempreverde». 
Come nasce l’incontro con il burattino più famoso d’Italia? 
«In realtà l’ho sempre detestato. Era un libro che mi angosciava e infastidiva molto. Aggiungiamo che non mi sono mai piaciuti i burattini. Poi, anni fa, la richiesta di fare due illustrazioni per una mostra mi ha dato l’occasione di rileggerlo. Ed è in quel momento che mi sono lasciato affascinare dai suoi aspetti più visionari e metafisici. Il mio primo ”Pinocchio” è venuto poco dopo».
L’inizio di una serie di variazioni sul tema, quasi un’ossessione. 
«Sì - risponde - è una specie di persecuzione. Dal successo dell’albo è nato l’incontro con il regista Enzo d’Alò che mi chiese di collaborare per un progetto Rai. Contemporaneamente venne dall’Einaudi la proposta di pubblicare un’edizione illustrata nei Millenni, un lavoro che ho impiegato molto tempo a portare a termine». 
Una battaglia con il testo la sua. Tra i classici ha amato particolarmente le edizioni illustrate da Sergio Tofano, Attilio Mussino, Maria Augusta Cavalieri. 
«Un valido strumento è stato un libro della Giunti, “Pinocchio e la sua immagine”, con una carrellata di autori con i quali ho potuto confrontarmi. E poi l’incredibile lavoro realistico di Roberto Innocenti. Io però preferisco il segno meno stilizzato. Ho riempito diversi quaderni di schizzi, di disegni in bianco e nero: è così che è nata l’opera aperta che poi ha visto la luce». 
Ora il progetto di animare il Pinocchio è ripartito. 
«Sì, mi sto occupando dello storyboard e sto studiando i personaggi».
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