sabato 26 giugno 2010

Cosa significa pensare?

(Via Pò, 26 giugno 2010)
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"Un breve saggio di ermeneutica filosofica di Stefano Cazzato"

""Arriviamo a capire che cosa significa pensare” scriveva Martin Heidegger, “quando noi stessi pensiamo”. Nell’esercizio della facoltà, quindi, nell’attualizzazione della sua potenzialità possiamo comprenderne, afferrarne l’intima essenza. Ma, precisa subito il filosofo tedesco in Che cosa significa pensare, “perché un tale tentativo riesca, dobbiamo essere preparati a imparare a pensare”. Come? E, soprattutto, chi ci può insegnare?
Stefano Cazzato, da anni professore di Filosofia nelle scuole superiori, prova a rispondere con il suo Dialogo con Platone. Come analizzare un testo filosofico (Armando, pp. 64, euro 8,00). Un libro agile e snello in cui sono analizzati sei dei dialoghi minori del filosofo ateniese con l’obiettivo di render conto di un saper fare piuttosto che di un sapere. Il tutto nella convinzione che l’obiettivo dell’educazione non sia fornire nozioni specifiche da gestire e amministrare (nel tempo inevitabilmente condannate all’oblio e alla dimenticanza), ma una consapevolezza epistemologica. Solo la padronanza degli strumenti specifici della disciplina, infatti, permette di costruire un proprio percorso nell’acquisizione di nuova conoscenza. Ecco dunque il metodo proposto: focalizzare l’attenzione sul testo alla ricerca non tanto della sua verità, comunque da considerare come “frutto di interpretazioni sempre nuove” (come nella migliore tradizione ermeneutica), quanto della forza e della bellezza dei suoi discorsi, del linguaggio specifico. Nonostante le difficoltà oggettive, Stefano Cazzato sostiene la pratica della lettura diretta dei testi: per analizzarne le mosse retoriche, i giochi linguistici, le trappole logiche. Perché su queste, oltre che sulle prove, si basa un’argomentazione efficace che, a differenza del caso dell’asserzione finalizzata all’informazione e alla spiegazione, enuncia una tesi cercando di sostenerla a suon d’argomenti. Appunto. «Saper comprendere e confutare argomentazioni»: è questa la definizione del concetto di pensare che si legge nel documento redatto nel 2000 dalla Commissione di Studio sull’insegnamento della filosofia negli anni dell’obbligo (presieduta da Giovanni Reale e istituita dal ministro dell’Istruzione Giovanni Berlinguer). Insomma, le dichiarazioni programmatiche, le premesse per un reale cambiamento ci sarebbero. Eppure, nota l’autore, due problemi continuano a rendere asfittica la didattica della filosofia. Anzitutto il pregiudizio storicistico che subordina la comprensione di un pensatore, un pensiero e una strategia critica, alla sua precisa e puntuale collocazione sull’asse temporale. Un convincimento che provoca inevitabilmente la riduzione dell’insegnamento della filosofia alla storia della filosofia. Per non parlare poi della fede nel manuale, “una specie di feticcio trasformato da mezzo a fine”, come lo definisce appunto Stefano Cazzato.
Facciamo un passo indietro e torniamo al testo, anzi ai testi. Come l’Eutifrone di cui si analizzano le tecniche della verità e, tra le altre, il dubbio come strategia euristica. La discussione verte sul tema della giustizia, sebbene non si arrivi a definirla positivamente ma solo per esclusione. L’Epinomide, di cui si prende in considerazione il ragionamento per enumerazione o gradazione, o il Crizia per esaminare le strutture dell’argomentazione: il mito di Atlantide letto come tentativo di giustificare l’imperialismo ateniese su basi essenzialmente etico-teologiche. La strategia in atto è proprio quella di decostruire un metodo per renderne agevole e possibile la manipolazione. Che alluda alla maieutica socratica o alla dialettica platonica, la parola greca è composta da due elementi: metà (oltre) e hodòs (cammino): procedere dunque indipendentemente da una strada già segnata. Questo significa pensare. E, volendo dar ragione al cartesiano cogito ergo sum, essere.
Silvia Santirosi
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