lunedì 15 novembre 2010

Ciak, 20 film dalla Croazia con amore

(L'Unità, 14 novembre 2010)
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È il 14 aprile e sono le 20.30. Siamo a un passo dalla tragedia: un autobus di linea sta per scontrarsi con un camion. Moriranno otto persone e il conducente della macchina causa del disastro nemmeno si fermerà. H–8, uniche cifre della targa che un testimone riuscirà a leggere, è il titolo del film (1958) di Nikola Tanhofer che ha aperto «Immagini di una cultura in viaggio. Incontri con il cinema croato». Fino a oggi, il Cinema Trevi ospita la prima retrospettiva sulla settima arte della Croazia che attraversa ogni genere (fiction, documentario, musical e animazione), permettendo al pubblico italiano un’incursione nelle radici, nella cultura e nella storia di questo popolo. Da pellicole come Lisinski (nome del più famoso compositore croato del XIX secolo), realizzata dal regista Oktavijan Miletic durante l’occupazio- ne nazista, ai lavori della «Zagreb film» o «La scuola dei cartoni animati» (vincitrice nel 1962 con Surogat dell’unico Premio Oscar del cinema croato), appellativo che le fu dato da Georges Sadoul e André Martin durante il Festival del cinema di Cannes del 1958; dalle pellicole di Berkovic e Papic, esponenti della stagione della New Wave jugoslava, alle opere più recenti che parlano soprattut- to di guerra.
Prima annessa al Regno d’Ungheria e all’Impero Asburgico poi alla Repubblica Federale Socialista della Jugoslavia, la Croazia diventa indipendente negli anni ‘90 dopo dieci anni di guerra civile: un paese «ricco di contraddizioni e contaminazioni» dice la curatrice Tina Hajon, «una terra di frontiera con un territorio i cui confini sono stati sconvolti e ridefiniti diverse volte». E proprio dell’inizio del conflitto, quando le caserme croate erano ancora sotto il controllo dell’esercito jugoslavo che non ricono- sceva il nuovo stato, racconta Kako je poceo rat na mom otoku («Com’è iniziata la guerra sulla mia isola»), film del 1996 girato da Vinko Bresan in chiave comica, anche se la distanza culturale e l’impossibilità di cogliere i riferimenti a fatti e personaggi noti al pubblico croato rendono più fred-da la visione a quello italiano. Le prime due giornate di proiezioni hanno visto, comunque, l’avvicendarsi di corti sperimentali (come Prljavi mali mjehurici, «Bollicine sporche», una ri- cerca del 2008 sui rapporti interper- sonali e il tradimento), grandi classici (tra cui Rondò, un film del 1966 sui triangoli matrimoniali), animazioni (Maestro Koko, 1968, storia di un musicista che si ammala per aver mangiato troppi gelati e del Profes- sor Balthasar che parte alla sua ricerca), film contemporanei (Ta divna Splitska noc, «Quella bella notte a Spalato») vincitori di numerosi premi. In H-8 la pianista Alma spiegava il concetto di fuga musicale definendola un insieme di linee melodiche che si muovono tutte insieme verso il medesimo obiettivo. Come questi prodotti: diversi e tutti rivolti all’unico obiettivo di raccontare il mondo e le sue contraddizioni. Dal punto di vista croato, ovviamente.
Silvia Santirosi
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