martedì 9 novembre 2010

Sorte di donna. Intervista alla filosofa Michela Marzano e una postilla

Sono una donna.
Non è il miglior paese del mondo per esserlo, soprattutto in questo momento.
Certo, nemmeno il peggiore (basta guardare un pò più a est o a sud)...
E io sono fiera di essere donna, della mia ricerca (anche) delle parole per esserlo fino in fondo.


(Via Pò, 06 novembre 2010)
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Intervista alla filosofa Michela Marzano
"Ogni limitazione della scelta individuale", scriveva John Stuart Mill nel saggio L'asservimento delle donne, "priva la società di qualche opportunità di essere servita da competenti, senza comunque salvarla dagli incompetenti". Come a dire, con un motto di brillante ironia, che l'individuo, uomo o donna che sia, è un bene comune, la sua tutela e sviluppo condizioni necessarie al progresso politico e morale dell'intero corpo sociale. Poco più di un secolo è trascorso e molte sono state le conquiste, soprattutto sul piano giuridico, eppure, come cerca di argomentare la filosofa Michela Marzano in Sorte di donna, la sua relazione al Festival della Filosofia di Modena, se si continua a sostenere, in modo più o meno esplicito, che la donna dovrebbe accettare il destino che il corpo le impone o a far confusione su termini come uguaglianza, identità e differenza, si alimenta quel processo di regressione della condizione femminile a cui si assiste negli ultimi quindici vent'anni. Segni di questa involuzione sono soprattutto la riduzione della donna a corpo-immagine come unico modello pubblicizzato, e l'aumento delle violenze tanto fisiche quanto linguistiche, visibili nell'espropriazione del linguaggio e della stessa possibilità di parlare. Sarà un caso forse che di cinquanta relatori in questa edizione 2010, solo quattro sono donne (oltre alla Marzano, Elena Esposito, Maria Elena Scribano e Nicla Vassallo)?
Ormai quella dei Festival sembra diventata una moda...  
Pur nella necessità di mantenere un equilibrio, non ha senso farne uno nuovo per ogni cosa, l'occasione offerta da questo Festival mi sembra un buon modo perché gli accademici escano dalla loro torre d'avorio e si confrontino con la gente. Ed è interessante vedere come le persone accolgono o meno quello che viene detto loro.
E, nello specifico, come reagiscono gli uomini alle sue argomentazioni? 
Sono due i comportamenti che ho potuto notare parlando di questi temi. C'è chi tende a sentirsi chiamato in causa. Per loro parlare di donne, di uguaglianza e di dignità, il fatto di mettere in evidenza una serie di problemi, significa attaccarli. Allora si arroccano su posizioni difensive che si possono manifestare sotto forma di indifferenza o in maniera più aggressiva. Poi ci sono quelli che ascoltano con maggiore interesse e direi che sono soprattutto i più giovani. Credo ci sia quindi anche una questione generazionale.
Bellezza e silenzio sono due degli attributi del modello di femminilità oggi proposto. Cosa possono fare le donne?
Riprendersi la parola e ricominciare ad argomentare sulla scena pubblica.
Qual è il senso profondo di una riflessione sul corpo? 
Rimettere in primo piano la dimensione dell'essere incarnato per sviluppare un pensiero che non sia disgiunto dalla nostra vita concreta, dagli affetti e dai sentimenti intesi come via d'accesso a ciò che resta opaco a livello razionale. Basti pensare ai lavori di Martha Nusbaumm. Credo che la filosofia si stia rendendo conto dei limiti di visioni che tendono a considerare l'essere umano
solo come agente razionale, disincarnato. L'essere al mondo, infatti, viene perso di vista quando si rimane su una dimensione troppo astratta. C'è da aggiungere che per troppo tempo alle donne, soprattutto per ragioni socio-culturali, è stato precluso l'accesso a un certo tipo di sapere. Ma quelle che hanno filosofato, penso ad esempio a Hannah Arendt, hanno certamente incluso nel loro pensare al mondo la dimensione della sensibilità.
Con l'approvazione del Senato francese del divieto di indossare il burqa, si riapre il dibattito anche in
Italia. Che ne pensa?

Penso che ciascuno dovrebbe potersi vestire nei luoghi pubblici come vuole, certo nel rispetto di alcune regole di sicurezza. Per quanto riguarda l'Italia, credo che vada rivista tutta la questione religiosa in termini di laicità, perché il problema dell'uguaglianza è anche quello di poter professare la religione nella quale si crede. In Francia, proprio in virtù di quel principio, viene praticata una separazione netta tra la sfera pubblica e la sfera privata che riguarda ogni confessione religiosa. Non così ancora nel nostro Paese.
Silvia Santirosi
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