giovedì 30 dicembre 2010

Quei ragazzi senza retorica nel buio della storia

"La democrazia: ma se gli piaceva tanto [...], perché non l'hanno fatta venire prima?"

Questo chiede un bambino al suo compagno di giochi la sera in cui l'Argentina festeggia le prime elezioni libere. 
Questo mi chiedo facendo una specie di bilancio di questo 2010. Democrazia: il miglior modo che l'uomo ha inventato per organizzare la sua vita civile, ma anche un sistema (in Italia ma non solo) in crisi...con un sistema partitico e una classe dirigente in cui non ci si riconosce più. 
Eppure qualcosa si è mosso. Stiamo assistendo a un nuovo rinascimento civile? Le manifestazioni del 14 e del 22 dicembre sono segnali si qualcosa. Staremo a vedere cosa. Non è tempo di risposte, ma di porre le domande nel modo corretto.

Chiudo questo 2010 con un articolo è stato pubblicato su L'Unità del 19 luglio.
Così è cominciata la mia collaborazione con questo giornale. Nata da un incontro, qualche mese prima, con il suo Direttore: Concita De Gregorio. Una donna, una giornalista che stimo molto, un raro esempio di coerenza tra essere e apparire.

Oggi, preparando questo post, scopro che il giorno dell'uscita del pezzo, lei stessa ne aveva parlato nel suo blog. Questo succede quando si condivide una visione del mondo. E si lavora per "cambiarlo". Quantomeno "capirlo".

«Se è l'ispettorato stesso ad essere oggetto di perplessità: chi custodisce i custodi?». È curioso, ma è una delle domande che si fa un bambino di dieci anni nel libro di cui vi parliamo oggi in cultura: «I signori col berretto» di Hugo Paredero, la dittatura argentina raccontata da 150 bambini fra cinque a dodici anni. «I militari controllavano quelli che non erano militari, ma allora chi controllava i militari?». «Volevano molti soldi ed erano tutti maschi. Si vede che alle femmine i soldi non servono». Chissà se lo ha letto Michele Serra. I soldi servono anche alle femmine ma in effetti, lo scriveva giorni fa, nelle cricche ci sono solo uomini. Anche fra i golpisti da strapazzo, solo uomini miserabili.
Concita De Gregorio
19 luglio 2010

 


HUGO PAREDERO           
“I signori col berretto. La dittatura raccontata dai bambini”
pp. 240, euro 12,50
Minimum fax, 2010

«Hanno fatto la tv a colori, tanti stadi e tante altre grandi opere per le infrastrutture, così il popolo poteva dire: “Vinciamo, vinciamo”» racconta Guido Diego González, 12 anni, «mentre c’era gente che spariva o che veniva torturata, e mentre tanta altra gente continuava a gridare: Siamo campioni del mondo!». Parole queste che si leggono ne I signori col berretto. La dittatura raccontata dai bambini (Minimum fax, pp. 240, euro 12,50), una storia dell’Argentina del golpe e del Programma di Riorganizzazione nazionale tutta particolare, (tra)scritta da Hugo Paredero dando voce a chi è, solitamente, inascoltato e invisibile coprotagonista degli accadimenti: l’infanzia appunto. Un vero e proprio documento di storia orale che, trasformando la memoria dei bambini in evento narrativo, la riscatta dalle astrazioni su cui gli adulti la appiattiscono e rinchiudono. Un’occasione che permette una valutazione della logica di costruzione dei discorsi e dei ragionamenti del mondo infantile e, per differenza similitudine o incrocio, un’analisi con quella del mondo adulto: ecco in azione le differenze di genere, il peso dell’educazione, familiare e scolastica, l’esperienza personale, esente o meno dalla violenza della storia, le strategie di conservazione o oblio della memoria.
L’idea nasce la notte del 10 dicembre del 1983. Mentre il giornalista festeggia nel ristorante Hermann di Buenos Aires le libere elezioni e il ritorno alla democrazia, gli capita di ascoltare i commenti di due ragazzini su quello che sta succedendo: «è arrivata la democrazia…» dice il primo, «ma se gli piaceva tanto» risponde l’altro, «perché non l’hanno fatta venire prima?». Il dado era tratto. Comincia subito il lavoro di raccolta: il colpo di stato militare, le migliaia di desaparecidos, un paese spaccato a metà (i colpiti e i salvati), la vittoria ai Mondiali del 1978, la guerra contro l’Inghilterra delle isole Malvine. Sono questi i fatti oggetto delle microstorie e dei commenti dei 150 bambini intervistati, 90 maschi e 60 femmine di età compresa fra i 6 e i 12 anni, di ogni estrazione socioeconomica. E da questo coro emergono delle precise linee interpretative. Prendiamo il caso di quei circenses senza panem descritti da González. «Mi sembra che i militari si ostinassero nel loro punto di vista di ammazzare e rubare e tenere allegro il popolo ignorante» continua «perché così non rompe le scatole e sta tranquillo»: lui, quella “distrazione” la legge come palliativo manipolatorio per un popolo messo in ginocchio dalla crisi economica e dalla disoccupazione, perché «con l’entusiasmo per il calcio, la gente si dimenticava il resto». «Io guardavo i Mondiali tutta contenta» racconta Ingrid Lorena Berman, 12 anni, «però c’erano tante madri che pensavano ai loro figli e si chiedevano: cosa gli starà succedendo? Certa gente si vedeva sparire i figli, e gli altri erano così occupati a tifare i Mondiali che non potevano fare niente». Ma di quello svago c’è qualcun altro che ne fa argomento per un’apologia: «fa bene alla gente distrarsi» dice Sebastián Emanuel Rizzitano, di 11 anni, «perché oggi andiamo tutti d’accordo. Significa che il governo militare non era poi tanto brutto», arrivando persino a celebrarli, i Mondiali, come tappa verso la riconquistata libertà, «fatti» dice Emilio Quiroz, 12 anni, «per avere un’Argentina democratica».
Quando ha cominciato, Hugo Paredero era convinto che i bambini avrebbero saputo interpretare la realtà meglio degli adulti. E per chiudere il cerchio, adesso si sta impegnando nella realizzazione di un documentario che raccoglierà nuovamente le loro voci, uomini e donne tra i 27 e i 35 anni. Sarà interessante vedere cosa emergerà dal cortocircuito fra le parole di un tempo e i fatti, le loro vite, di oggi.
Silvia Santirosi

 22 dicembre, Università La Sapienza, Roma.