giovedì 10 febbraio 2011

GUARDARE FUORI (Racconto pubblicato su L'Immaginazione)

6 febbraio 2011
Torno da Parigi e trovo nella cassetta della posta il numero di dicembre della rivista L'Immaginazione.
Non mi sembra di aver mandato recensioni o altro...quindi la apro curiosa...chissà, mi avranno inserita nel loro indirizzario.
La sorpresa arriva a pagina 8.
Hanno pubblicato il racconto che gli ho inviato. La cosa più straordinaria sono però le due righe sotto i mio nome, in coda al testo: 

"Silvia Santirosi è giornalista, scrittrice e poeta. La sua scrittura piace a Romano Luperini"

Ecco. Qui il cuore ha un piccolo sussulto. 
Romano Luperini!!!


Era il 2009.
Esce per i tipi di Sellerio "L'étà estrema", piccolo e prezioso romanzo di Romano Luperini. La presentazione a Napoli del libro mi dà l'occasione di intervistare l'autore. E di conoscere di persona uno dei critici letterari più raffinati del nostro Belpaese.
Ecco il testo dell'intervista: 

Intervista pubblicata su "Il Mattino" di Napoli il 6 febbraio 2009.
        In occasione della presentazione di L’età estrema avvenuta a Napoli (Istituto italiano di studi filosofici) il giorno 6 febbraio a opera di Felice Piemontese e Antonio Saccone, Silvia Santirosi ha pubblicato questa intervista. Se ne riportano alcuni stralci, con qualche piccola integrazione.
Silvia Santirosi:
        Questa narrazione è fatta di pagine di diario che, più che costruire una storia, ricostruiscono per frammenti il presente di un’epoca che sta cambiando. Un gesto ostensivo che cerca di indicare, alludere a qualcosa, senza dirla. Una scrittura visiva, impressionistica, descrittiva più che narrativa.
Romano Luperini:
        Per me la cosa più importante era descrivere certe atmosfere e situazioni emotive, mettere al centro l’intreccio fra la dimensione esistenziale e quella etica, il cui risultato tende a sfuggire alla scrittura saggistica. La questione che mi sta a cuore è il destino dell’uomo occidentale, espressione che torna anche nel sottotitolo della mia ultima opera saggistica, L’incontro e il caso. La genesi dei due testi è parallela e affonda le proprie radici in una riflessione sulla situazione successiva all’11 settembre. L’atmosfera del postmodernoso, il primato del linguaggio e della metaletteratura, dell’ironia, del citazionismo, della riscrittura sono venuto meno intorno a quella data; oggi si avverte più l’urgenza della realtà, della materialità dei fatti e della storia. Il mio romanzetto nasce anche da questa coscienza.
Silvia Santirosi:
         A proposto dell’urgenza della realtà, che cosa pensa del fenomeno del New Italian Epic?
Romano Luperini:
        Credo sia soprattutto una trovata giornalistica o una proposta autopromozione. E’ un’etichetta sotto la quale sono raggruppate esperienze troppe diverse. Non vedo cosa abbiamo in comune i Wu Ming e Camilleri, oppure i Wu Ming e Saviano. C’è un abisso e, in questo secondo caso, per esempio, a tutto vantaggio di Camilleri o di Saviano.
Silvia Santirosi:
        Nel libro si parla di un quadro di Kirchner, “Inverno a Davos”, che il protagonista va a vedere al Moma di San Francisco. Perché questa scelta?
Romano Luperini:
        Un quadro di Kirchner è in copertina anche di L’incontro e il caso. Ovviamente Kirchner è una mia passione. Nel quadro “Inverno a Davos” c’è un uomo, forse un vecchio, che trascina una mucca su un erto pendio, con grande caparbietà. Una sorta di ostinazione, o di resistenza, magari passiva, ma tenace. E’ una figura della vecchiaia del protagonista.
Silvia Santirosi:
        Ma il protagonista si autopresenta come superato, come se ogni azione ormai fosse impossibile…
Romano Luperini:
         Direi che nel libro c’è un pessimismo tragico, ma non arreso. Per esempio, il personaggio femminile, Claudine, sta lì a ricordarci che «bisogna far accadere qualcosa».
Silvia Santirosi:
        Ma Claudine viene invocata alla fine per aiutare il protagonista a sparire…
Romano Luperini:
         Claudine rappresenta il femminile, il grembo della nascita ma anche quello della morte. Può idealmente aiutare il protagonista a prepararsi, a farsi accogliere dalla morte.  Quel poco di speranza e di positività che c’è nel libro è comunque affidato a lei. Non per nulla appartiene alla generazione successiva rispetto a quella del marito, Giorgio.
Silvia Santirosi:
        In effetti Giorgio è il perfetto rappresentante di una generazione «al di là della disperazione e della speranza».
Romano Luperini:
         Giorgio incarna l’ilare nichilismo della generazione cresciuta negli anni ottanta e novanta. Fortunatamente la fine della storia, il primato del linguaggio ecc. non mi sembrano più all’ordine del giorno. L’età della globalizzazione e del postmoderno apertasi negli anni settanta beninteso dura ancora, ma l’ideologia del postmodernismo, che ha accompagnato la nascita di questo nuovo periodo storico, mi sembra ormai superata.