mercoledì 16 febbraio 2011

Il ruolo della fortuna nella vita degli uomini: Festival della filosifia di Modena del 2010

(Via Pò, 20 novembre 2010)
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Creatività dell’imprevisto, teoria del rischio e tecniche della sua calcolabilità, tensione mai sanata fra norma e caso, azzardo e scommessa, viaggio e avventura: sono questi alcuni dei modi in cui è stato declinato il tema Fortuna, parola chiave dell’ultimo Festival di Filosofia di Carpi, Modena e Sassuolo, quest’anno alla sua decima edizione. Il fatto di vivere in un mondo dominato dall’incertezza, tanto a livello personale (precarietà lavorativa e sentimentale) che collettivo (tramonto degli orizzonti e delle ideologie, minacciato da forze soverchianti a livello finanziario o ambientale) rende una questione cruciale quella della sorte, favorevole o sfavorevole che sia, configurando lo statuto della contingenza come il banco di prova del rapporto tra possibile e necessario.
Fra le tante risposte formulate, due sembrano indicare un comune orizzonte di praticabilità. Stiamo parlando delle riflessioni che Massimo Cacciari, professore di Estetica all’Università Vita–Salute San Raffaele di Milano, ed Emanuele Severino, che insegna Filosofia teoretica nella stessa Università, hanno presentato e dibattuto con il pubblico nel corso di Possibilità, lectio magistralis del primo, Fato e libertà, quella del secondo. Un’interrogazione che, in entrambi i casi, parte dal linguaggio, depotenziato e consumato oggi dall’uso irresponsabile che se ne fa, nella convinzione che il nesso tra potere e sapere ne sia alla base. Ecco che “tanto più il sapere diventa difficile, complesso, inaccessibile” sostiene Cacciari nel suo intervento, “tanto meno l’agire potrà”. Senza contare che, argomenta Severino, “il modo in cui sono fatte le parole esprime una saggezza anteriore a quella che si manifesta nell’uso che se ne fa”. Ecco allora un andare indietro alla ricerca del senso di ciò che viene detto, operazione che non è solo esercizio glottologico ma tentativo di dare ragione dell’umano parlare, considerato esso stesso azione. “I concetti di fato, destino, sono da molto tempo in disuso” continua Cacciari, “sono stati scalzati da quello di puro caso e occasionalismo. Si tratta dunque di vedere se si possa trovare il modo di non abbandonare ogni cosa alla fortuna, senza tornare però a visioni di tipo provvidenzialistico. Sono convinto che si possa agire secondo un senso, pur non avendo nessuna idea a proposito di un significato generale del mondo e della storia”. Si dovrebbe tornare all’antica consapevolezza, di socratica memoria, insomma, a quel “sapere di non sapere”. Perché anche in una condizione sistemica d’incertezza si può decidere, tenendo ben presente quanto sia falsificabile e provvisoria ogni scelta. “Nell’attimo presente, quindi” conclude Cacciari, “la decisione può essere presa in base al principio del come se, a prescindere dal possesso o meno di una teleologia”.
Certo nulla è più pericoloso dell’ignoto e nulla è più salvifico di uno sguardo previdente che squarcia i veli del futuro e rassicura l’uomo. “Ecco che il mito, e in seguito le religioni” dice Severino, “cercano di inscrivere il dolore e la paura della morte in una cornice sensata che, anticipandoli, li rende sopportabili. L’avvento della filosofia cerca di combattere questa concettualizzazione dell’eterno (mitico o religioso che sia) che, mutandosi in fato, diventa più pericolosa di ciò che voleva sconfiggere in origine. Ma il senso profondo della liberazione” continua il filosofo, “sta nello scioglimento delle cose dal legame con l’essere e il nulla: ad esempio, quando un uomo nasce, esso si libera dal legame con il nulla e quando muore avviene la liberazione dall’essere. Sia il fato sia la libertà non sono altro che due modi di intendere l’oscillazione tra questi due poli. Ecco allora che non ha senso parlare di scelta, perché bisogna portarsi al di là di questi concetti”.
In altre parole, l’invito che rivolgono i due pensatori è quello di non subire o fuggire la crisi, ma di soggiornarvi ri-pensandola. E a testare la condizione umana dal punto di vista della sola condizione umana.
Silvia Santirosi