sabato 5 marzo 2011

Il mondo di Mondrian, una rivoluzione tra linee rette e colori primari

(Il Mattino, 5 marzo 2011)
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Il movimento De Stijl (Lo Stile) ha giocato un ruolo fondamentale all’inizio del 1900 nella genesi della concezione astratta nell’arte e lasciato profonde tracce nell’architettura, nel design e nelle arti grafiche. Perciò rappresenta una chiave di lettura privilegiata nella comprensione delle fonti della contemporaneità. Tenendo presente tale principio è stata organizzata la mostra Mondrian/De Stijl, visitabile al Centre George Pompidou di Parigi fino al 21 marzo prossimo. Il percorso dell’esposizione è articolato in tre sezioni: si apre con la presentazione delle origini del movimento e si chiude con i suoi sviluppi. In mezzo, il focus sulle opere prodotte da Mondrian tra il 1912 e il 1938 proprio nella Ville Lumière. Per non parlare delle attività collaterali organizzate per l’occasione: dai laboratori per i bambini o le conferenze ai concerti, al reading del carteggio Mondrian/Van Doesburg, solo per citarne alcune.
Ma torniamo al movimento che nasce nel 1917, nel relativo isolamento della neutrale Olanda, mentre la Prima Guerra Mondiale sta mettendo a ferro e fuoco l’Europa. I due artisti più rappresentativi sono Piet Mondrian, pioniere della pittura astratta e principale teorico del gruppo e Theo Van Doesburg, pittore, architetto, critico d’arte e direttore della rivista De Stijl. Ciò che li unisce è la volontà di diffondere la nuova visione dell’arte che ha evidenti riferimenti alla filosofia hegeliana e alla teosofia, nonché al simbolismo e ai fauves. Entrambi sono alla ricerca di un ritmo, di una pulsazione dinamica del colore, della giusta combinazione di elementi invarianti (colori primari e linee rette) nel tentativo di rendere visibile l’essenza del mondo. Quello che li dividerà, anni dopo, saranno sentimenti di emulazione e rivalità. «Le arti non possono in nessun caso applicarsi le une alle altre» scrive il pittore olandese Bart Van der Leck anche lui membro del movimento, «ma la loro alleanza deve procedere verso una sintesi». Ecco, dunque, i tentativi di coniugare attraverso l’elemento della diagonale policromia e spazialità, spazio e tempo, all’insegna delle teorie della quarta dimensione (spazio-tempo, appunto). In aperto contrasto con l’idea di ortogonalità promossa da Mondrian. Inizialmente pittore naturalista (di rara bellezza e maestria i paesaggi dai colori dolci e dalle atmosfere malinconiche), si distacca ben presto dalla rappresentazione della realtà andando alla ricerca piuttosto delle strutture espressive universali della natura stessa. «Il rapporto plastico è più vivo » teorizza nel 1920, «quando si manifesta in ciò che è piano e dritto». Dopo la scoperta di Cézanne e del cubismo di Braque e Picasso, si consacra al perfezionamento delle sue teorie: è così che trasforma lo spazio della tela in un campo di forze magnetiche dove ricercare l’equilibrio di piani, linee e colori. Negli anni Trenta e Quaranta, il suo plasticismo cambia ulteriormente. Prima il colore scompare, totalmente vinto dalla linea, per arrivare alla consacrazione definitiva della sua pittura all’angolo retto inteso come ritmo universale e realtà vivente.
Pur non sapendo nulla della storia del movimento, la mostra è così ben concepita che il visitatore ha la possibilità di “vederla” solo passeggiando attraverso le sale, percependo similitudini e rotture dall’osservazione delle opere esposte. Di sicuro, la sezione dedicata a Mondrian è la più interessante, anche grazie alla ricostruzione del suo atelier e per il video con le interviste di conoscenti e amici che oltre all’artista, permettono di conoscere meglio anche l’uomo. 
Silvia Santirosi