sabato 23 aprile 2011

AIX: La città del fumetto


(L'Unità, 22 aprile 2011)
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Mostre, incontri, ateliers che si concludono  questo 23 aprile: è questa la Rencontres du 9e Art che fa di Aix-en-Provence, antica capitale della Provenza a trenta chilometri dal porto di Marsiglia, una vera e propria città consacrata al fumetto e a tutte le altre arti grafiche che possono dialogare con esso. Giunto alla sua ottava edizione, il Festival continua a crescere conservando, al tempo stesso, la sua identità. La città viene letteralmente abitata dalle opere degli artisti, sono sparsi ovunque i punti che accolgono le mostre (il Museo di Storia Naturale ospita il percorso creato Jens Harder, autore berlinese di un racconto a fumetti sull’Evoluzione: dal Big Bang fino alla comparsa del primo uomo). Non si riducono, quindi, a un’esibizione di illustrazioni o di tavole incorniciate, ma diventano l’occasione per mescolare la nona arte all’istallazione o all’animazione facendoli cortocircuitare. «È una manifestazione che fa dell’expo uno dei suoi punti di forza» ci dice Barbara Canepa che nella città di Cézanne è ormai a casa da anni. «É sulla stessa linea di Angoulême e, pur non possedendo gli stessi mezzi, il risultato è eccellente. Senza contare che si investe molto su giovani autori e nuovi talenti. Quello che trovo interessante è come il fumetto è presentato al pubblico» continua a raccontare l’autrice che sta per regalare ai suoi fans i nuovi albi di Sky Doll, in uscita il prossimo autunno. «Viene creato uno spazio in grado di accogliere l’universo creativo dell’artista, penso ad esempio ai CuBDe. Gli viene data carta bianca e tutta la libertà di sperimentare diverse soluzioni espressive. E così si dà la possibilità al pubblico di entrare quasi nella sua testa, di assistere al processo creativo. Tentativo rischioso, non si può avere la certezza di un apprezzamento, ma così facendo si presenta qualcosa fuori dagli schemi che può favorire una specie di evoluzione del gusto».
Ma cosa sono i CuBDe? Cinque grandi scatole di 9 per 2,5 m2 che Zeina Abirached (autrice anche il manifesto del Festival), Takayo Akiyama, Martes Bathori, Moolinex e Alban Guillemois hanno personalizzato. Entrare nell’Elefante meccanico di quest’ultimo, ad esempio, è un po’ come precipitare in un cabinet de curiosités: pareti piene di bozzetti, tavole definitive, illustrazioni, sculture rappresentanti creature fantastiche, un’animazione proiettata su un piccolo schermo. Il tutto in un’atmosfera alla Tim Burton. 
Quella che invece si respira allo Zarmatelier (nome di un atelier di disegnatori di Marsiglia) è la quotidianità del luogo, della vita creativa, che i nove autori condividono e che hanno ricreato per il pubblico. Ospitati dall’Espace Jeunesse Bellegarde (il luogo della città riservato ad accogliere le attività per bambini e ragazzi dai 3 ai 25 anni), festeggiano così i dieci di attività mettendo a nudo manie e passioni esibendole insieme alla ricostruzione del loro spazio di lavoro.
Un lato ludico e partecipativo che è un’altra cifra di questa manifestazione. Accanto a incontri e dibattiti o ai momenti dédicaces (e anche qui si ripete il rito del fare la fila, interminabile e per ore in alcuni casi, solo per scambiare qualche parola con il proprio autore preferito impegnato a lasciare una piccola traccia colorata sul suo ultimo albo), ci sono tutta una serie di laboratori e atelier, alcuni dei quali aperti a tutti. Fireboxes, per citarne uno, è una mostra di scatole di fiammiferi che celebra il fatto che la Città del libro (dove c’è la libreria piena di fumetti sia di autori famosi e conosciuti dal grande pubblico, sia piccole case editrici indipendenti, e dove hanno luogo gli appuntamenti più importanti) in passato era appunto una fabbrica che le produceva. Su queste diversi artisti hanno disegnato come fossero vignette, strisce umoristiche o un’intera tavola, e il pubblico, per tutta la durata del Festival, è invitato a customizzare le piccole scatole bianche sul tema dei vendicatori mascherati. Per non parlare dell’intervento chiesto su dei Nani da giardino (c’è il nano pirata, il nano robot, il ciclope o quello ridotto in mille pezzi) che saranno venduti in un’asta a maggio e il cui ricavato sarà devoluto all’associazione A chacun son Everest (A ognuno il suo Everest) che aiuta i bambini malati di cancro. «I nani da giardino sono piccoli. È ingiusto» recita il manifesto di presentazione. «Farli crescere di qualche centimetro. Tutti i mezzi sono accettati!». 
Silvia Santirosi