lunedì 11 maggio 2009

"Dolorose considerazioni del cuore" Sandra Petrignani (Il Mattino 07-05-2009)

Una lunga lettera alla ricerca delle ragioni dell’allontanamento di due amiche, un’analisi del desiderio e dell’incapacità d’amare, il racconto di una ferita e della sua guarigione, del sopravvivere all’infanzia: «questo è ciò che è successo. Non è successo niente. Sono nata. Ed è stato l’inferno». Così scrive Sandra Petrignani nel suo ultimo libro, Dolorose considerazioni del cuore (Nottetempo, pagg. 181, euro 14).
Una parte del romanzo è dichiaratamente autobiografica. E il resto?
«Tutti i libri sono autobiografici perché sono come i sogni, diceva Elsa Morante. Ma al momento del risveglio i sogni vanno raccontati. E per raccontarli, bisogna interpretarli. Tutto viene da noi stessi, tutto è terribilmente autobiografico. Per scrivere però, come anche per leggere un libro, bisogna interpretare. Ecco il lavoro, quello che si è compiuto nella mia bottega di scrittore: manipolare dati autobiografici, amalgamare progetti di libri messi da parte in modo che confluissero in un unico racconto. Insomma non è un testo pensato per dire ”la verità su di me“. L’ho scritto come un vero e proprio romanzo».
Per scrivere servono le parole, e i fatti. Per lei non sembra darsi l’alternativa: vivere o scrivere. Piuttosto di vivere per poi scriverne.
«Credo che non si possa fare nulla se non lo si è profondamente vissuto, anche solo come sentimento: perché si può assistere a un fatto, non esserne i protagonisti, ma sentirlo al punto da saperlo descrivere meglio di chiunque altro. Pensiamo a Proust. Semmai sono scettica di fronte a scrittori troppo prolifici: mi sembra che non abbiano il tempo di elaborare la vita. Ma è una cosa alla quale siano un po’ tutti spinti dalle logiche del mercato, dalla vita brevissima dei libri».
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