mercoledì 7 luglio 2010

Le matite magiche di Quentin Blake

(Via Pò, 3 luglio 2010)
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“Facciamo in modo di mettere questo mondo sottosopra nuovamente nel verso giusto cominciando dai bambini. Mostreranno agli adulti la via da percorrere”: di questo era convinta Jella Lepman, fondatrice dell’IBBY (International Board on Books for Young People), l’organizzazione no-profit nata durante la ricostruzione della Germania dopo la Seconda Guerra mondiale e che dal 1953 promuove la letteratura per l’infanzia in tutto il mondo. Un progetto basato sulla convinzione che attraverso l’educazione alla lettura, alimentati con questo speciale cibo per l’intelletto che sono i libri, i bambini possano diventare dei divulgatori per la promozione della pace e del confronto fra diverse tradizioni culturali.
Uno spirito che marca fortemente anche Tu-La tribù dei lettori, il Festival di lettura per ragazzi (dal 2 al 6 giugno), organizzato dall’associazione culturale Playtown Roma e dalla Provincia di Roma. “Non una fiera, ma un progetto culturale lungo un anno alla sua prima edizione di cui le giornate in piazza sono solo la punta dell’iceberg”: con queste parole Gianluca Giannelli definisce la manifestazione. Qualche numero è utile per capire le ambizioni dell’iniziativa: 30 editori italiani e stranieri, più di 700 titoli da leggere e sfogliare, 15 tepee distribuiti tra Villa Borghese (Casina di Raffaello), Piazza Mignanelli (vicino Piazza di Spagna), Largo San Rocco (dietro l’Ara Pacis) e Largo dei Lombardi (via del Corso), senza dimenticare le location di via dei Greci (Conservatorio Santa Cecilia), dell’Auditorium Parco della Musica, della Sala Liegro e del cortile di Palazzo Valentini. Un modo per far uscire l’infanzia dalla riserva. Non fosse altro perché “la cultura è un grande motore economico”, come sostiene Andrea Mondello, presidente della Camera di Commercio di Roma. “Mancano gli investimenti che favoriscono i consumi culturali dei bambini. L’impegno si concentra soprattutto nella promozione di vestiti e giocattoli” dice Nicola Zingaretti, “per questo motivo, in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, promuovere i libri significa anche aiutare un insieme di piccole e medie imprese dell’industria culturale. Significa anche rilanciare sotto il profilo turistico la città di Roma”. Insomma, anche i rappresentanti della politica e dell’economia, partner dell’iniziativa, sembrano guardare nella stessa direzione degli organizzatori, sebbene il loro orizzonte sia di breve periodo e legato al raggiungimento di interessi particolari. E anche se, dando ragione a Machiavelli, le migliori fondamenta di tutti gli Stati sono le buone leggi e i buoni eserciti, magari anche i buoni libri possono fare la loro parte: e 150 sono le occasioni per renderli protagonisti. Dalle 5 mostre alle letture animate di attori, come Claudia Gerini e Michela Cescon, o di semplici volontari. Dai laboratori sull’illustrazione, sulla poesia, sul cinema agli incontri con autori italiani (Paolo Giordano, Dacia Maraini, Margaret Mazzantini e Ugo Ricciardelli) e non (Claude Ponti, Bernard Friot, Aurélia Fronty o François Place, per parlare del loro lavoro o di loro stessi nella veste di lettori. Padrino dell’evento l’inglese Quentin Blake, uno dei più importanti illustratori al mondo, che ha inaugurato la manifestazione incontrando i ragazzi di diverse classi romane.
Perché ha scelto di diventare un illustratore?
“Ho sempre disegnato e ho sempre cercato di farlo con humour. Ho iniziato a spedire in giro i miei primi lavori a 16 anni e da quando un giornale ha deciso di pubblicarli non ho più smesso”.
Quali sono gli artisti che hanno influenzato il suo percorso?
“Oltre ai grandi, Rembrandt per tutti, mi vengono in mente due nomi in particolare: l’artista francese André François e l’inglese Ronald Searle che è scomparso il mese scorso alla veneranda età di novant’anni”.
Il suo nome viene naturalmente associato allo scrittore Roald Dahl di cui ha illustrato molti libri. Ci può parlare del vostro rapporto?
“Era un uomo molto interessante. E molto alto. Forse per questo incuteva un po’ di timore. Spesso era malato, camminava con l’aiuto di un bastone, eppure non era il tipo che amava lamentarsi. Magari per questo aveva un temperamento un po’ brusco. I suoi non erano solo libri divertenti, ma storie che parlano di persone reali. Ad esempio nel GGG (Il Grande Gigante Gentile), la piccola protagonista è un personaggio costruito sulla nipote e nello stesso gigante è possibile ritrovare alcune sue caratteristiche, anche se non è proprio lui. Quando ci incontrammo per decidere come caratterizzarlo, non riuscimmo a trovare un modello di scarpe che andasse bene. Tornai a casa e un paio di giorni dopo mi arrivò un pacco. Roald Dahl mi aveva spedito uno dei suoi enormi sandali. E io l’ho disegnato uguale”.
Cosa pensa degli illustratori italiani?
“Amo molto il lavoro di Roberto Innocenti che è esattamente il mio opposto. È meraviglioso osservare, attraverso le sue illustrazioni così pieni di dettagli, il suo sguardo sul mondo”.
A cosa sta lavorando adesso?
“Ai disegni di un nuovo libro di cui ho scritto anche il breve testo. È la storia di una donna che ha un cappotto con moltissime tasche piene delle cose più diverse: ombrelli, gelati, coccodrilli, barche e più va avanti la narrazione, più questo cappotto diventa selvaggio! Sto anche realizzando i disegni di una parete dell’Unicorn, un teatro per bambini di Londra”.
Silvia Santirosi
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