venerdì 7 gennaio 2011

Le perigliose avventure del corpo in viaggio attraverso la filosofia

(L'Unità, 5 gennaio 2011) 
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Indagine su corporeità, pensiero e l’impossibiltà del suo annullamento
Michela Marzano dalla colomba di Kant alla rivoluzione fenomenologica


di Silvia Santirosi



Mo e Ho sono due gemelli che vivono nel paese di Cento-case. Alla morte di Mo, trasformato dagli uomini-cavi in uno di loro, Ho cerca di liberarlo. Quando lo trova, spacca con un piccone la sua forma evanescente e, come una spada nel fodero, penetra in essa. Dalla loro fusione nasce Moho. E sarà lui a trovare la Rosa-amara, il fiore del discernimento, che il padre aveva chiesto ai due ragazzi come pegno per diventarne il successore. Una storia affascinante, raccontata da René Daumal ne Il monte analogo, che consideriamo particolarmente adatta a introdurre il tema dell’ultimo libro di Michela Marzano, La filosofia del corpo. Vediamo come.
Il testo attraversa trasversalmente il pensiero filosofico, prendendo in considerazione il rapporto tra anima e corpo (dal dualismo platonico al monismo di Spinoza; dal riduzionismo materialista alla rivoluzione fenomenologica), senza fermarsi però alla sola ricostruzione storica. Avvia anche una riflessione che argomenta in favore del superamento di un approccio per lo più dicotomico e antagonistico che finisce per gerarchizzare i due modi d’essere dell’esistente, stabilendo una supremazia della dimensione mentale su quella corporea. «L’essere umano è una persona incarnata» leggiamo nel testo, «senza corpo non esisterebbe; tramite il corpo è legato alla materialità del mondo». Un discorso che ricorda quello della colomba di Kant: l’aria oppone una resistenza che le sue ali devono vincere, ma senza l’aria l’uccello non potrebbe neanche volare. In altre parole, il mondo resterebbe lontano senza una materia che lo abiti, senza un corpo che lo assapori, lo annusi, lo guardi, lo percepisca e lo contempli, il mondo sarebbe inabitabile. E questo ciascuno lo può sperimentare quotidianamente. Per non parlare del fatto che l’agire, l’interagire con gli altri e l’ambiente (geografico, materiale, sociale) non è frutto solo di riflessione. Entrano in gioco, infatti, le emozioni, il desiderio, altro tema di ricerca caro alla filosofa, insomma l’affettività nel suo complesso. E con loro il corpo. «Eccolo, l’errore di Cartesio», scriveva qualche anno fa il neurofisiologo Antonio Damasio, «la separazione delle più elaborate attività della mente dalla struttura e dal funzionamento di un organismo biologico».
Ma perché è così cruciale una riflessione e un ripensamento dello statuto della corporeità? Perché, volenti o nolenti, i filosofi continuano a occuparsi della questione? «Ciascuno è il proprio corpo, essendolo» e al tempo stesso «ciascuno ha il proprio corpo, possedendolo»; ed è in questa ambiguità di essere e avere, di naturalità e costruzione culturale, di identità e genere, che l’uomo fa esperienza di Sé, del Mondo, dell’Altro nella dimensione della fragilità e della finitudine che oggi cerca di essere continuamente superata. Basti pensare alle diverse opportunità offerte dalla scienza e dalla tecnica contemporanee di intervento sul corpo: la chirurgia, più o meno estetica, l’attenzione all’alimentazione e l’allenamento fisico.
Eppure, «nonostante ogni tentativo di annullarlo, il corpo è sempre presente» scrive Michela Marzano nelle conclusioni, «pronto a tradurre in sintomi il disagio di chi cerca di farlo sparire». Ecco allora l’importanza di recuperare, di reintegrare non tanto la coincidenza tra il sé e il corpo (non serve ragionare come eroi omerici per i quali la bellezza fisica corrispondeva a quella morale), ma la coappartenenza di ragione e sentimento, Io e corpo, filosofia e poesia. Come i gemelli di Daumal, devono diventare tutt’uno se vogliono riuscire nell’impresa di trovare il fiore della vera conoscenza. E la stessa strada sembra indicare Michela Marzano.
Michela Marzano «La filosofia del corpo» pp. 108, euro 13,00 Il Melangolo, 2010